lunedì 3 dicembre 2012


LA MAGIA NERA (1936) di René Magritte

Uno dei quadri icona di Magritte è quel grande occhio spalancato nel cielo, o al contrario il cielo che si specchia nell'organo della vista, intitolato falso specchio, piaciuto talmente a Luis Bunuel da riprenderlo, per la sua ambiguità, come una scena madre ancora più raccapricciante dell'originale, nel suo film "Un chien andalou".(dal web)
Ne LA MAGIA NERA il cielo si fa un tutt'uno con la metà superiore della donna. Immersa però nella realtà della materia, della terra con la sua metà inferiore. Un ritratto del nostro essere: Pensiero e Cuore e Carne. Che si spingono in alto ed all'Oltre, al di la della concretezza del nostro essere: sostanza fisica.
A spaziare verso la sostanza intellettiva e spirituale.
Un oltre che è vivo nella tensione meditativa dell'immagine.
Si è spinti ad andare, con la vista, al di là del muretto.
Un invito a superare con la ragione i limiti del nostro sapere e con il cuore i limiti del pensare razionale.
Per giungere così all'orizzonte che pare irraggiungibile. Incontro di mare e cielo. Incontro di ragione e cuore.
Osservando il dipinto, serve sia quasi applicata un'attenzione che superi i limiti delle distrazioni del visus. Che tende a fermarsi allo spazio raccolto in cui il corpo carneo si stabilizza.
Il quadro sembra raccontare degli elementi della vita: Sensi fisici e forme mentis. Liberi e sciolti nello spazio, che però si amalgamano tra loro facendo un'unità. Nella figura umana e tra gli elementi della natura. C'è un dire di sogno ed idealismo che si alza all'Infinito e scende alla poesia del vivere.
Questo quadro mi appare immagine che, oso dire, sembra ritrarre il pensiero Leopardiano dell'Infinito.
La concretezza delle cose, del corpo, del muro, della parete, della pietra sono sostegno del giorno per giorno ed un limen visivo che viene superato dall'interiorità.
Che spazia verso l'ultimo orizzonte.
Gustando intimamente la voce dell' Eterno che si esprime nella vocalità dell'aria, della brezza marina, della quiete del cielo, dell'andare delle nubi. Nell'andare e nel ritorno delle onde del mare.
Lo sguardo della donna, sereno ma malinconico, volge al basso.
Pare guardare alla realtà contingente del proprio essere qui, in uno spazio. Ora, ancora, immersa in un tempo.
Mesto e muto si avvolge della carnalità di un corpo che si integra pienamente al paesaggio color caldo terra. Una terra che si fa sostegno. Del nostro essere Corpo, del nostro essere Terra, del nostro essere attimo del vivere, fisicità.
Ma che si espone al non concretamente sensibile, se non con sensi che superino la sensibilità recettoriale organica. Si immerge nel cielo.
E' un quadro che, per me, riassume lo stato dell' Essere.
Il nostro trovarci qui nella vita ma in una tensione all'Oltre di noi, verso il Tutto dubbio, ignoto, da scoprire.
Il nostro essere corpo e spirito;  realtà e voglia di superamento della stessa. Il nostro vivere l'oggi nella speranza del domani. Il nostro essere pensiero e pensieri che, ascoltando l'Infinito, facendosi penetrare da Esso, vengono a farsi quasi illusione cui porre i nostri intimi "perchè".
Il surrealismo è molto lucido e attento sulla realtà che lo circonda, dove non trovano spazio deciso il sogno o le pulsioni inconsce. Come invece avviene in un Dalì, in cui vi è esasperazione onirica o egocentrica.
In Magritte l'illusione è, quasi, un dare senso ancor più compiuto alla percezione della realtà. L'unico desiderio che la sua pittura sembra manifestare è quello di "sentire il silenzio del mondo", come egli stesso scrisse. Che permette di sentire la Parola del e nel silenzio. Tra questi due confini, di concretezza e di ovattato innalzarsi ad un oltre il normale percettibile, nascono altre opere di Magritte. Quasi sempre ritraenti contesti paradossali, illogici e capaci di ingannare la percezione degli oggetti che vengono colti dalla visione che ne dà la nostra psiche ed anima. Le sue opere parlano, così, del suo essere un uomo che ha sfogato in esse il suo essere: eversivo, controcorrente, ribelle, rivoluzionario, anticonformista, innovatore. Un uomo che, nella sua quotidianità, è stato invece un semplice borghese conservatore. Trascorse una sua vita tranquilla e piuttosto regolare e sempre accanto alla stessa donna. Un uomo come tutti. Esempio di belle contraddizioni che ne designano la ricchezza di quelle personalità che sanno, ogni giorno, trovare il senso per arrendersi all'Immensità dell'ignoto, pur nella forza del "non arrendersi" alla concretezza del vivere. Dicendo intimamente: "E il naufragar m'è dolce in questo mare".
Elisa ©



Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e rimirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

martedì 27 novembre 2012

Riflessione 2


    R. Magritte, Il vaso di Pandora 1951

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Nella mitologia greca, il vaso di Pandora (chiamato anche scrigno di Pandora) è il leggendario contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura. Secondo il racconto tramandato dal poeta Esiodo ne Le opere e i giorni, il vaso (pithos, πίθος in greco antico) era un dono fatto a Pandora da Zeus, il quale le aveva raccomandato di non aprirlo. Pandora, che aveva ricevuto dal dio Ermes il dono della curiosità, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza (Elpis), che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali. Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza.

mercoledì 7 novembre 2012

Riflessione 1

Ogni giorno sono io , pienamente io.
Ma mi "svuoto" di me: assorbendo tutto cio' che posso.
In modo tale che ogni cosa del quotidiano divenga sempre novità.

ECCO PERCHE', CREDO, UNA STESSA OPERA D'ARTE POTREBBE VENIRE  LETTA OGNI GIORNO. MAGARI ALLA STESSA ORA! COME TERMOMETRO DEL NOSTRO ESSERE.
PENSO DIREBBE SEMPRE QUALCOSA DI NUOVO!
DI SUO E DELL' ESSERE UMANO CON CUI "SI RAPPORTA". CHE E' SEMPRE GRANDEZZA E NOVITA'!

(Facendomi "forte" delle parole del Maestro, mi permetto, quindi, di scrivere cio' che a me dice l'immagine: oggi ed in questo momento - 7 nov 2012 ore 19,11-. Quindi non facendone una lettura dal punto di vista di storia dell'arte, o di valutazione dotta del Pittore e della sua opera. Non mi permetto di dire: "Magritte vuol significare che...pensa che...". Oppure: "il quadro Gli Amanti rappresenta....". 
Semplicemente esprimo quello che a me ORA suggerisce. Consapevole che tra breve, in un mio stato d'animo diverso dal contingente, pur rifacendomi ad un' oggettività visiva, potrei "sentire" diversamente. Persino, forse all'opposto di quanto ora mi sussurra "dentro") .


“Quando la gente cerca di trovare significati simbolici in ciò che dipingo, cerca qualcosa di sicuro su cui aggrapparsi, per difendersi dal vuoto…. Un’istante di panico è quello che mi fa rientrare in me stesso. Questi sono gli istanti privilegiati che trascendono la mediocrità.”      René Magritte



         "Gli amanti" o "Les amants" ( 1928, olio su tela, 54x73 cm, New York, Richard S.Zeisler Collection).



Gli amanti. 

Eremiti, soli con se stessi: si spalanca il mondo del noi, dell'essenza, del ricordo, soprattutto del bello che permette di vivere e di viversi. Si genera fantasia, spinta ad un'introspezione che guarda sempre piu' acutamente: al noi stessi. Anche gustando cio' che è fuori dalla finestra. Di cui alla fine ci si puo' privare. Perchè il Tutto respira in noi!
Ecco che, due esseri umani, dovrebbero saper fare lo stesso.
A volte puo' essere un bene: unirsi nel distacco.
Che faccia sentire "oggettivamente" la soggettività reciproca dell'essere e del proporsi.

Gli Amanti!
Direi: Amore muto, sordo, cieco, persino anosmico e privato del gusto.
Da un velo che, rabbuiando la vista reale, permette a due esseri umani, di essere percezione dell'anima.
Della propria e di quella altrui.
Immersa nel Mondo. Esterno e personale.
Rappresentato dalla solidità di parete e soffitto. Rese piu' forti e belle dalla cornice di gesso, che occulta, riempie, rafforza il punto d'unione. Che è sempre fragile.

E' attraverso un'unione vera di corpi, di menti, di anime che, in questo quadro, parlano due che si amano.
E non abbisognano di esplicarsi nella nudità, o in pose, o sguardi di piacere, di assorbimento, di orgasmo atteso-raggiunto-concluso.
Quasi un annientamento voluto dei sensi per esaltare la forza dell'unione che supera la realtà. Passando anche nella fantasia del non vedo: che fa vedere l'altro per come è ma anche per come desidero sia.
Cio' non crea illusione. In quanto, invece, spinge ad assaporare il vero altrui piu' completo, tra le braccia. In una stretta che non è possedere ma immobilizzarsi momentaneamente pur cercando di " liberami in Lui e di liberarlo in me".
Osservando le proporzioni: le bocche sono al centro del riquadro che include le due figure.
In un bacio molto appassionato. Di vera fusione: in cui le ombre del velo, che copre, lasciano trasparire non solo la forma anatomica dei volti ma soprattutto la tenerezza e contemporanea forza dell'unione.
Il bacio risolve una certa freddezza ambientale.
Il bacio rende centrale: l'Amore.
Quasi a dire che: cio' che è nascosto alla percezione piu' sensoriale si puo' sentire, palpare, vivere: solo nel flusso di un sentimento vero. Che supera ogni ostacolo.
Allo sfondo, di un cielo nuvoloso, buio, quasi tempestoso, si contrappone la luminosità della stanza.
Colori caldi che accolgono i corpi, facendosi parte d'essi. Il soffitto è di un roseo chiarore. E la luce si espande al vertice delle due calotte craniche. E si irradia senza eccessi. Quasi una somma di luce che non prepondera in nessun dove. Invece è come un dare: dall'uomo all'alto e viceversa.
Sembra nascere proprio dalla coppia e si  irradia come soffusa energia: che rischiara la porzione di cielo nuvoloso che è appena attorno alle due figure. L'uomo, se ama, diviene luce che si estende. Sino a rendere calda, ma in delicata nuance di un rosso-rosa antico, la stanza. Quasi trasparisse cosi': la passione.
Che mi pare descritta, a mio sentire, nell'abito femminile.
Rivestente una donna dalle spalle tornite: di bella carnalità. Rilassata nell'abbraccio. Calda e materna. Ma forte, ben strutturata, stabile nell'estendere il capo che accoglie il segreto. Che dona un segreto. Vicendevolmente.
E il colore caldo genera anche dalla parete alle spalle dell'uomo. Vestito di nero: enigmatico e capace di dire d'amore in un silenzio persino del vestiario. Riscaldato proprio grazie anche alla parete. La quale sembra dire che: la passione amorosa del maschio è spesso nascosta, messa alle spalle. Si manifesta in un'essenzialità di formalità. Quasi è timorosa nel dimostrarsi apertamente.
A differenza della femminile sensualità e apertura all'espressione. All'emozione.
Spesso il maschio, nell'amore si lascia meno andare. A manifestazioni che esprimano il sentire ed il sentimento con apertura semplice, diretta, spontanea. Forse perchè abituato ad indossare un abito che lo conforma ad una certa tipologia. Storica, educativa, culturale. Di uomo che deve essere forza, stabilità e meno: emozione esplicita, sentimento espresso nella spontaneità.
Comunque, nell'uomo, quando esistente, sembra dirmi il dipinto: la Passione è solida. E' Amore. E persino si fa di un amore che diviene sostegno. Parete , appunto.
Come la figura maschile lo diventa nell'abbraccio nei confronti della sua donna. Che alle spalle ha il vuoto! E di fronte ha la pienezza di chi ama! Per il quale a sua volta si fa sostegno. In una corporeità che appare persino piu' stabile di quella maschile.
L'uno e l'altra divengono: equilibrio.
Espressione viva di un sogno velato.
Entrambi esseri umani.
Entrambi fragili: si fanno l'uno sostegno del buio dell'altro!
Entrambi forza: si fanno centro della storia rubata!
Entrambi amanti: fanno dell'Amore il fulcro della storia.

M. EliGiu   (M. Elisabetta B.B.) ©