Un’istante di panico è quello che mi fa rientrare in me stesso. Questi sono gli istanti privilegiati che trascendono la mediocrità.” René Magritte
martedì 27 novembre 2012
Riflessione 2
R. Magritte, Il vaso di Pandora 1951
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Nella mitologia greca, il vaso di Pandora (chiamato anche scrigno di Pandora) è il leggendario contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura. Secondo il racconto tramandato dal poeta Esiodo ne Le opere e i giorni, il vaso (pithos, πίθος in greco antico) era un dono fatto a Pandora da Zeus, il quale le aveva raccomandato di non aprirlo. Pandora, che aveva ricevuto dal dio Ermes il dono della curiosità, non tardò però a scoperchiarlo, liberando così tutti i mali del mondo. Sul fondo del vaso rimase soltanto la speranza (Elpis), che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali. Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza.
Spesso, riferito a questo dipinto, si parla di espressione del "sogno" visibile nel tramonto e nell'andare dell'uomo attraverso un ponte. In cui la rosa rappresenta appunto la necessità dell'illusione.
Quello che mi esprime è invece un racconto molto vivace della realtà. Che si avvale, indubbiamente, anche di sogni: irrealizzabili o che riusciamo a concretizzare.
Questo deambulare "nella vita" si esprime in una lentezza di passi rappresentata dalla staticità della figura, con braccia stese lungo i fianchi che formano un tutt'uno con il busto. Senza soluzione di continuità che possa essere indicativa di arti superiori che accompagnano il passo: quindi di moto. Esso appare come il lento cammino di ogni nostro giorno e della vita. Che è l'attraversare un lungo ponte sino ad un orizzonte che si esplicita nel tramonto degli stessi e della stessa. Nel raggiungimento di una nuova città. La nuova realtà. Quella della conquista quotidiana e quella della conquista definitiva. Alle quali, per quanto esseri sociali, giungiamo soli. Come soli ci ritroviamo alla nascita, nel percorso del "ponte" materno. Che dalla realtà ovattata e sicura, il grembo, ci porta alla luce della vita umana corporale e temporale. Un' aprirsi, il nascere, di un vaso di Pandora reale. Dal quale gradualmente dobbiamo assaporare anche i vari mali del mondo. I nostri stessi malesseri, fallimenti, incoerenze. La nostra umanità e quella altrui. Oltre alle bellezze che, nel nostro cammino, ci vengono offerte e che ci offriamo. A volte illusioni che non possiamo dire concretezza. Ma che ci possono aiutare in questo. Come il vuoto che "esplode" lungo il ponte. Altre volte fatti concreti: come la rosa bianca. Che affianca l'andare. Come fosse un amico. L'amico di noi stessi: il noi piu' vero, che cresce con il nostro essere e fare. Ed i vari incontri concreti, persone e fatti, che fanno parte di noi, "interferendo" nei nostri giorni.
La vita è:il vaso di Pandora.
Nell'aprirsi ad essa l'uomo decide di andare! Spalancando le porte del tutto di sè al tutto che lo circonda. Ed al tutto che lo permea e lo supera. Adattandosi ad un percorso evoluzionistico della propria persona e personalità. Che dura tutta la vita. E non puo' che avvenire grazie alla curiosità! Essere curiosi, nel senso costruttivo del termine, è: umana sollecitudine al progetto del Se', dell'esistenza, dell'essere relazione. Del farsi progetto che si concretizza in base all'esperienza. Prendersi cura (dal latino. Curare) di affrontare con saggezza, il piu' possibile, il proprio peregrinare. Che non è un andare a vanvera ma un continuo scegliere il percorso. In un labirinto. Anche nell'elogio dell'errore che puo' essere convertito fruttuosamente. Perchè, per quanto ogni giorno sia ombra e luce, sole e notturno appropinquarsi, rimane in noi la possibilità costante di fare quel giro su noi stessi! Che ci porti a vie che reputiamo migliori per noi! E se lo sono per noi, rendendoci migliori anche solo relativamente al nostro bisogno, certamente ci renderanno migliori anche con gli altri! Ci renderanno "frutto per il Tutto".
Il deambulare "statico" rende la figura "tutta d'un pezzo". Cio' mi fa pensare all'essere umano che cerca e tende di mentenersi sulle sue idee. E' difficile infatti, nel proseguo della nostra vita, accettare cambiamenti ed attuarli su di noi. Tendiamo, per comodità e sicurezza, a rimanere restii al "cammino".
Che, per quanto lineare, come puo' apparire quello del ponte, in realtà è anche il piu' importante e difficile. E' scegliere! Di attraversarlo: per giungere al di là. Ove sta il "diverso" da cio' cui siamo abituati: per cultura, educazione, storia personale, genetica ecc. E' piu' facile andare per strade contorte, che salgono e scendono, deviano, si arrestano ed obbligano a tornare indietro: che però ci indicano come traguardo quel che ci siamo prefissati! che abbiamo "organizzato" mentalmente, spiritualmente, oggettivamente nella quotidianità. Il ponte invece è passaggio! Lasciare il vecchio per il nuovo! Trasformazione! Lungo questo percorso , ci pare sia un imbrunire costante. La luce è spesso relativa. Cosa che puo' farci temere! Ma dovremmo avere fiducia e proseguire! Ci sono il lampioni: pronti comunque a non lasciarci completamente all'oscurità! Ogni strada che iniziamo, in qualche modo, la percorriamo con "qualcuno che ci accompagna! I nostri cari, i nostri simili. A volte piuttosto soli: sentiamo che in noi c'è qualcuno che non ci lascia! Quel qualcuno che ci è "luce". Il maestro interiore! Il percorso quotidiano, della vita, è un lasciare un qualcosa alle spalle, portando in noi ciò che conta! L'andare verso nuova passione, nuovo e piu' forte amore. Il rosso del tramonto è promessa del futuro, roseo, sorgere del sole che, gradualmente si infuoca. Cui si contrappone la nostalgia, il ricordo che si attenua, che si converte in un bene pulito, comunque sia stato, del passato, che ci costruisce! Quella rosa bianca: la purezza di noi che rende il senso al tutto di noi! Qualunque sia. Se non demordiamo e proseguiamo: la speranza e la pazienza diverranno due qualità veramente divine! Che ci fanno creatori di un futuro: genitori di noi stessi e di cio' che ci circonda! Nella vita dobbiamo, quindi, avere il coraggio di aprire il vaso di Pandora che ci troviamo tra le mani! Per farci di nuovo immortali! La nostra immortalità resterà anche in questo mondo: se ci facciamo fautori di utopia che cerchiamo di realizzare affinchè la desolazione e l'inospitalità del mondo si fermino. Facendosi invece rinnovo dell'umanità e del tutto che il mondo è: nel Tutto dell'Infinito.
Ecco, alla fine della mia riflessione, mi accorgo che: ha ragione veramente chi, quando parla di questo quadro dice con semplicità: "raffigura il sogno"! ;-D
Elisa
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